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Presentazione

 

Casa Magni fu l’ultima residenza di Percy Bysshe Shelley. Il poeta e la moglie Mary, lasciata Pisa, vi si trasferirono il 30 aprile 1822. Dal 7 all’11 febbraio, Percy e l’amico Edward Williams si erano recati a La Spezia per cercare dimore idonee ad accogliete la numerosa comitiva che intendeva trascorre l’estate nel Golfo (Lettera di Mary a Maria Gisborne del 9 febbraio 1822), ma non erano riusciti a trovare che una sola casa. Altri tentativi furono intrapresi, senza successo, ad aprile, e alla fine gli Shelley e i Williams dovettero adattarsi a condividere la stessa abitazione: Casa Magni, appunto (Figg. 1-3).

Percy trovò la vacanza molto piacevole, soprattutto perché l’ubicazione della casa gli dava modo di soddisfare la sua passione per la navigazione. Si era fatto costruire a Genova un’imbarcazione – “la barca fatale”, la chiamò poi Mary (P. Shelley 1839, p. 323) – che gli fu consegnata  il 12 maggio (Fig. 4). Su questa sorta di “vascello”, il Don Juan, Percy effettuava anche uscite serali in compagnia dei Williams, e la vista della splendida baia era accompagnata dalle note che Jane eseguiva alla chitarra (Lettera di Percy a John Gisborne del 18 giugno 1822). A queste occasioni è probabilmente ispirato il componimento Con una chitarra. A Jane (With a Guitar. To Jane). Alla donna, di cui si era infatuato, Percy dedicò nel 1822 vari componimanti, alcuni dei quali risalgono proprio ai due mesi di permannza a Casa Magni. A quello già menzionato possiamo aggiungere A Jane (‘Scintillavano le nitide stelle’) [To Jane (‘The keen stars were twinkling’)]. Inoltre, A quanto ci racconta Mary nella nota all’edizione delle poesie del marito che curò nel 1839, fu proprio durante le molte gite in barca che Percy compose gran parte di “una delle sue poesie più mistiche” (P. Shelley 1839, p. 322), recante un titolo che, a posteriori, suona tristemente ironico: Il Trionfo della Vita (The Triumph of Life). Tuttavia, il componimento poetico di Percy Shelley più radicato nel luogo che lo ospitò nei suoi ultimi mesi di vita è, indubbiamente, Versi scritti nel golfo di Lerici (Lines Written in the Bay of Lerici).

Non altrettanto gradvole fu, invece, il soggiorno di Mary, per la quale il periodo trascorso a Lerici fu di grande angoscia e depressione. Alle difficoltà dovute al fatto che non avevano trovato la casa arredata, i luoghi dove procurarsi il necessario erano distanti, la gestione di una “Colonia” così numerosa era faticosa e gli abitanti erano poveri e “rozzi” (Linkare a lettera di Mary a Maria Gisborne del 2 giugno 1822), si aggiungevano le angustie legate alla situazione finanziaria del padre, il filosofo William Godwin, che era stato costretto a chiudere la sua attività editoriale a causa dei debiti. Inoltre, il 16 giugno Mary subì un aborto spontaneo che, come il medico ebbe poi a dire, le sarebbe costato la vita se Percy non avesse avuto la prontezza di immergerla in una vasca piena di ghiaccio, arrestando così la copiosa emorragia (Linkare a lettera di Percy a John Gisborne del 18 giugno 1822). Il luogo, però, benché fosse molto isolato, era “di una bellezza inimmaginabile” (Linkare a “Note on the Poems of 1822”), e questo recava un certo sollievo al suo animo (Linkare a lettera di Mary a Maria Gisborne del 15 agosto 1822). 

 Il 1° luglio Shelley ed Edward Williams lasciarono Casa Magni per andare incontro a Leigh Hunt, che era arrivato a Livorno chiamato da Shelley e Byron per dar vita, con loro, al periodico The Liberal. Da questo viaggio, come sappiamo, il poeta non fece mai ritorno, e anche Mary, appreso del ritrovamento del corpo del marito sulla spiaggia di Viareggio, il 19 luglio lasciò San Terenzo per sempre.

 

Testimonianze:

  • Lettera di Mary a Maria Gisborne, 9 febbraio 1822 (in The Letters of Mary Wollstonecraft Shelley, pp. 217-18)

Shelley è andato a Spezia per trovare una casa alla nostra Colonia per l’estate – sarà grande – troppo grande, temo, per stare insieme – anche se spero di no – ci sarà Lord Byron, che si farà costruire  per l’occasione una barca grande e bella da alcuni armatori inglesi a Genova. Ci saranno la contessa Guiccioli e suo fratello – i Williams, che tu conosci – Trelawny, una specie di inglese mezzo arabo, la cui vita è stata mutevole come quella di Anastasio & che racconta le sue avventure giovanili con l’eloquenza del Greco immaginario. […] Ci sarà, inoltre, un certo capitano Roberts che non conosco – un tipo un p’ brusco, immagino – pescatore famoso –  &c – Noi avremo a disposizione una barca più piccola e ora che i primi giorni della divina primavera sono arrivati (che tu ben conosci) – il cielo limpido – il sole caldo – le siepi in fiore – noi seduti senza fuoco acceso e con le finestre aperte – comincio a desiderare le onde spumeggianti e le colline coperte di ulivi e pergole di vite di Spezia – eppure sarebbe folle andare adesso – dato che il ceppo è stato brutto [Vigilia di natale], speriamo in una bella pasqua, e se aprile sarà bello voleremo là come rondini.

 

  • Lettera di Percy a John Gisborne, 18 giugno 1820 (in The Letters of Percy Bysshe Shelley, pp. 435-36 )

Ho qui una barca che, nelle intenzioni originali, sarebbe dovuta appartenere a Williams, Trelawny e me in parti uguali, ma la voglia di evitare la terza persona mi ha spinto a diventarne l’unico proprietario. Mi è costata 80£, e mi ha creato qualche difficoltà finanziaria. Però è svelta e bella, e sembra proprio uno splendido vascello. Williams è il capitano, e usciamo in questa baia deliziosa alla brezza della sera, sotto la luna estiva, fino a che la terraferma appare come un mondo lontano. Jane porta la chitarra, e se si potessero cancellare il passato e il futuro, il presente mi appagherebbe così tanto che, come Faust, potrei dire all’attimo che passa “sei così bello, fermati!” [Faust. Urfaust, trad. di Andrea Casalegno, vol. II, p. 1040].

 

  • Lettera di Mary a Maria Gisborne, 2 giugno 1822 (in The Letters of Mary Wollstonecraft Shelley, pp. 236-37)

… si è potuta trovare una casa per tutti noi – è meravigliosamente situata sul litorale, sotto alla collina alberata. – Ma un posto come questo! La povertà della gente va oltre ogni comprensione – Però, non sembrano infelici, ma tirano avanti in lercio appagamento, o appagato lerciume, mentre per noi è un bel problema rifornire la dispensa, bisogna percorrere miglia per trovare qualcosa di commestibile – All’inizio provavamo tutti un gran malessere, ma ora ci troviamo in una sorta di ordine disordinato, e viviamo alla giornata come possiamo – […] Poiché si è trovata una sola casa abitabile in questo golfo, gli Williams abitano con noi, e i loro servi e i miei bisticciano come cane e gatto; e poi, puoi ben immaginare quanto poco la mia pigrizia si attagli a una famiglia così grande, quando si tratta di conti e problemi domestici. “Ma pazienza” [in italiano nel testo] – In fondo, il posto non mi piace – le persone sono rozze [nel testo: rozzi], e parlano un dialetto tremendo. – eppure è meglio di qualunque città costiera a nord di Napoli – l’aria è ottima, e puoi ben immaginare che ci piaccia molto più di Livorno, dove oltretutto avremmo dovuto frequentare i circoli inglesi, che non vedevamo l’ora di lasciarci alle spalle a Pisa.

 

  • Lettera di Percy a John Gisborne, 18 giugno 1822 (in The Letters of Percy Bysshe Shelley, p. 434)

Mary scriverà presto; al momento è sfinita da un eccesso di debolezza causato da un grave aborto, dal quale si sta lentamente riprendendo. La situazione è stata seria per qualche ora, e dal momento che le mancava completamente ogni assistenza medica, ho dovuto prendere le decisioni più ferme, e a forza di farla rimanere seduta in del ghiaccio, sono riuscito a tenere a freno l’emorragia e gli svenimenti, tanto che quando il medico è arrivato il pericolo era già passato, e non ha avuto altro da fare che complimentarsi per la mia prontezza. Lei adesso sta bene, e i bagni in mare la faranno presto ristabilire del tutto.  

 

  • Mary Shelley, “Note on the Poems of 1822” (in The Poetical Works of Percy Bysshe Shelley, p. 323)

La scena era davvero di una bellezza inimmaginabile. La distesa azzurra del mare, la baia quasi completamente circondata dalla costa, il vicino castello di Lerici che la chiudeva a est e la lontana Portovenere a ovest; le forme diverse delle rocce scoscese che delimitano la spiaggia, percorse solo da un sentiero sinuoso e accidentato in direzione di Lerici e da nient’altro dal lato opposto, creavano una vista che altrimenti si può trovare solo nei paesaggi di Salvator Rosa. A volte il sole scompariva all’infuriare dello scirocco – il ponente [in italiano nel testo], come lo chiamavano da quelle parti. Le burrasche e le tempeste, le stesse che ci hanno accolti al nostro arrivo, circondavano la baia di spuma; il vento ululava battendo la casa esposta alle intemperie, e il mare ruggiva senza sosta, tanto che ci immaginavamo quasi di trovarci a bordo di una nave. In altri momenti, il sole e la quiete investivano il mare e il cielo, e i colori intensi dell’etere italiano soffondevano la scena di tinte luminose e cangianti.

 

  • Lettera di Mary a Maria Gisborne, 15 agosto 1822 (in The Letters of Mary Wollstonecraft Shelley, p. 244)

La nostra casa isolata, la bellezza e la stranezza del paesaggio, e il piacere che Shelley ricavava da tutto questo – non si è mai sentito più in salute o di umore migliore che durante questo periodo. Io non stavo bene fisicamente né mentalmente. I miei nervi avevano raggiunto il massimo dell’irritazione, e sul mio umore gravava un presagio di sventura. Non posso dirti a parole quanto odiassi la nostra casa e le campagne circostanti. Shelley mi rimproverava per questo – la sua salute era buona, e il posto era proprio adatto a lui – […] I mie unici momenti di pace li ho provati a bordo di quella barca infelice, quando mi sdraiavo con la testa appoggiata al suo ginocchio, chiudevo gli occhi & mi concentravo solo sul vento & sul nostro rapido movimento.  La mia salute pessima potrebbe essere responsabile di tutto questo. I bagni in mare mi davano un certo sollievo, ma l’8 di giugno (credo il giorno fosse quello) ho avvertito i primi segnali di un aborto, e dopo una settimana di terribile malessere, domenica 16 questo si è verificato alle 8 del mattino. Sono stata talmente male che per sette ore sono stata semi-incosciente – mi impedivano di svenire con del brandy, dell’aceto, dell’acqua di Colonia, ecc. Finalmente del ghiaccio ci ha raggiunti in questo isolamento; è arrivato prima quello del medico, e Clare e Jane avevano paura di usarlo, ma Shelley ha prevalso, con un’applicazione profusa mi sono ripresa. Pensavano tutti, e l’ho pensato anche io una volta, che stessi per morire –

 

Immagini:

 

 

Figg. 1-3 - Villa Magni

 

Fig. 4. Disegno di Percy Shelley raffigurante la sua barca (a destra) e il Bolivar di Byron (a sinistra)

 

Testi:

 

  • Percy Shelley, Con una chitarra. A Jane, 1822, vv. 1-22 e 31-42.

Ariel a Miranda: - Prendete

questa schiava della musica per il bene

di colui che è schiavo vostro;

ed insegnatele tutta l’armonia

con cui sapete accendere, voi sola,

lo spirito rapito dal piacere,

finché la gioia non si neghi ancora

e, troppo intensa, si tramuti in pena;

perché per consenso e ordine

di Ferdinando vostro principe

il povero Ariel  vi manda questo muto pegno

di più di quanto possa mai venir detto;

il vostro spirito custode Ariel, che

di vita in vita deve sempre dedicarsi

alla vostra felicità, e così soltanto

può mai trovar la sua;

come i possenti versi narrano,

dalla caverna incantata di Prospero

al trono di Napoli Ariel

v’ha fatto strada nell’inesplorato mare,

guizzando avanti, a prua,

come una meteora vivente. […]

 

ci sono stati molti cambiamenti

da quando voi e Ferdinando incominciaste

il vostro corso d’amore,e  Ariel ha sempre

seguito i vostri passi e vi ha servito.

Ora, in più umile e felice sorte

tutto questo non è ricordato;

e ora, ahimè! il povero spirito

per un suo sbaglio è imprigionato

in un corpo come in una tomba. –

Da voi, per i suoi servizi e il suo dolore

ora solo implorare

un sorriso oggi, domani una canzone.

(pp. 1119-1121)

 

  • Percy Shelley, A Jane (‘Scintillavano le nitide stelle’), 1822, vv. 1-24

Scintillavano le nitide stelle,

e bella la luna saliva tra loro,

cara Jane.

La chitarra tintinnava, ma le note

non erano dolci finché non le cantavi

di nuovo. –

Come il soffice splendore della luna

sul fioco, freddo riflesso delle stelle del Cielo

si stendeva –

così la tua delicata voce

alle corde senz’anima aveva allora dato

la propria.

 

Si desteranno le stelle,

benché la luna dorma un’ora in più,

questa notte;

non fremerà una foglia

mentre le rugiade della tua melodia diffonderanno

diletto.

Sebbene il suono sia soverchiante

canta di nuovo, con la tua amata voce rivelando

il tono

d’un mondo dal nostro remoto,

dove musica, chiar di luna e sentimento

sono una cosa sola

(pp. 1123-25)

 

  • Percy Shelley, Il Trionfo della Vita, 1822, vv. 1-40.

Rapido come uno spirito spedito al suo compito

di gloria e di bene, il Sole balzò avanti

esultando nel suo splendore, e la maschera

 

di tenebra cadde dalla Terra ridestata.

Gli altari senza fumo delle nevi dei monti fiammeggiarono

sopra cremisi nuvole, e al nascer

 

della luce, l’orazione di Oceano si levò

e ad essa gli uccelli temprarono il loro canto mattutino.

Tutti i fiori in campo o foresta, che dischiudono

 

le palpebre tremanti al bacio del giorno,

agitando nell’aria i loro turiboli,

dal nuovo raggio accesi con incenso d’oriente,

 

bruciavano lenti e inestinguibili, esalando

sospiri di fragranza all’aria che sorride,

e in giusta successione, Continenti, Isole

 

Oceano e ogni cosa che in sé porti

forma e carattere di stampo mortale sorgono

al sorgere del padre, il Sole, per adempiere

 

alla parte del lavoro che egli anticamente

assunse per sé e poi impose loro;

ma io, a cui pensieri che debbono restar non detti

 

avevano negato il sonno come alle stelle che ingioiellano

il cono della notte, ora che queste si assopivano

distesi le mie stanche membra sotto il ramo canuto

 

che un antico castagno slanciava di traverso

al pendio di un verde Appennino: davanti a me fuggiva

la notte; dietro di me sorgeva il giorno; il Mare

 

era ai miei piedi, e il Cielo sppra la mia testa,

quando della mia mente s’impadronì una strana ipnosi

che non era sonno, poiché l’ombra che spandeva

 

era sì trasparente che la scena appariva chiara

come quando a sera un velo di luce

vi cala sopra e le colline baluginano; e sapevo

 

d’aver già sentito la freschezza di quell’alba,

bagnato della stessa fredda rugiada la fronte e i capelli,

seduto proprio su quel declivio erboso,

 

sotto lo stesso ramo, e aver udito come là

gli uccelli, le fontane e Oceano conversare

in dolci note per l’aria innamorata.

E allora una Visione si dispiegò sul mio cervello …

 

  • Percy Shelley, Versi scritti nel golfo di Lerici, 1822, vv. 45-58

E il vento che dava ali al loro volo

fresco e lieve spirava da terra,

e l’aroma dei fiori addormentati

e la frescura delle ore di rugiada,

e il dolce tepore del giorno

si diffondeva  per la baia luccicante;

e il pescatore con lanterna e fiocina,

attorno ai bassi, umidi scogli strisciava,

e trafiggeva il pesce che veniva

ad adorare la fiamma ingannevole:

troppo felici coloro il cui piacere ricercato

estingue ogni senso e pensiero

del rimpianto che il piacere [                       ]

distruggendo solo la vita, non la pace.

(pp. 1129-31)

 

Bibliografia:

Shelley, Mary, The Letters of Mary Wollstonecraft Shelley, ed. B. T. Bennett, Baltimore and London, The Johns Hopkins University Press, 1980, 3 vols.

Shelley, Mary, The Journals of Mary Shelley, 1814-1844, eds P. R. Feldman and D. Scott-Kilvert, Oxford, Clarendon Press, 1987, 2 vols.

Shelley, Percy Bysshe, The Poetical Works of Percy Bysshe Shelley, edited by Mrs. Shelley, London, Edward Moxon, 1839.

Shelley, Percy Bysshe, The Letters of Percy Bysshe Shelley, ed. F. L. Jones, Oxford, Clarendon Press, 1964, 2 vols.

Shelley, Percy Bysshe, Opere poetiche, a cura di F. Rognoni, Milano, Mondadori, 2018.

 

Ultimo aggiornamento

16.09.2024

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