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Presentazione
L’immagine della pira funeraria allestita il 16 agosto 1822 sul litorale viareggino per la cremazione delle spoglie di Percy Bysshe Shelley rimase incisa nella memoria della gente del luogo, che fantasticò sulle sfumature funeste di un rituale pagano “alla greca”. Nei decenni a seguire, l’onda lunga di credenze, paure e superstizioni continuò a rifrangersi sulle aree dell’attuale Piazza Mazzini e della Pineta di Ponente, ovvero l’angolo di terra noto come “Due Fosse” dove, il 18 luglio 1822, il mare aveva restituito il corpo esanime del poeta. La leggenda di una maledizione che si sarebbe abbattuta su questo lotto si intersecò progressivamente con una realtà politica e sociale in evoluzione, connessa non solo alla trasformazione di Viareggio da località marinara a cittadina marittima dotata di un’amministrazione indipendente, ma anche alla storia risorgimentale italiana nel suo complesso.
È in questo frangente che entra in gioco il progetto della costruzione di un monumento dedicato alla memoria di Shelley. Nel 1890, a distanza di circa un trentennio dalla proclamazione del Regno d’Italia (17 marzo 1861), lo studente universitario Cesare Riccioni (futuro avvocato, consigliere comunale e sindaco di Viareggio per due mandati) e Pericle Pieri (intellettuale lucchese, redattore del settimanale Il Figurinaio) istituirono un Comitato promotore animato da questo proposito. A precederli era stato, nel 1875, un gruppo coordinato dal giornalista e traduttore Enrico Sisco. Riccioni e Pieri erano esponenti di uno schieramento progressista laico attraversato da correnti radicali, che aspirava a gettare le basi di un rinnovamento democratico della vita civile. Non è dunque difficile immaginare come, ben oltre gli eccessi stravaganti della scaramanzia popolana, l’intenzione di dedicare uno spazio pubblico a un poeta straniero con la nomea di ateo e rivoluzionario determinasse una levata di scudi sul fronte conservatore e cattolico-clericale. Emblematica fu in tal senso la risposta aspramente censoria dell’Unità cattolica, che in un articolo del 20 agosto 1894 pubblicato in occasione dell’inaugurazione della statua, giudicò l’idolatria del “poeta satanico” al pari di un insulto alla fede e una profanazione della storia dell’arte e della letteratura italiana. Quell’effigie avrebbe glorificato sentimenti anticristiani e innestato il germe dell’imbarbarimento nel gusto e nelle nobili tradizioni del nostro Paese. In sostanza, il comitato viareggino avrebbe reso omaggio a un pernicioso simbolo anti-italiano.
Lungi dal prospettarsi meramente come un’opera scultorea ad memoriam, l’effigie shelleyana eretta nella piazza che dal 15 ottobre 1900 porta il suo nome (“Piazza Shelley”) fu quindi l’elemento catalizzatore di un acceso dibattito politico e culturale. La diatriba vedeva coinvolti da un lato gli esponenti dell’integralismo cattolico e filo-clericale e dall’altro i portavoce del costituirsi di uno Stato nazionale laico che non escludeva aprioristicamente il dialogo con frange socialiste, anarchiche e massoniche. Di per sé straordinario è il fatto che un centro di provincia con poche migliaia di abitanti, quale la Viareggio dell’epoca, divenisse scenario di uno scontro dialettico che ricordava molto da vicino le vicende di Campo de’ Fiori a Roma del 9 giugno 1889. In quel giorno, tra proteste e clamori, venne infatti inaugurata una statua in bronzo raffigurante Giordano Bruno, realizzata da Ettore Ferrari e collocata nello stesso luogo in cui, nel 1600, il filosofo era stato arso sul rogo per decreto del Sant’Uffizio. Il progetto, già presentato in bozza (ma respinto) nel 1879, era stato caldeggiato da un comitato promotore e, analogamente, generò sdegno e scalpore nel milieu ecclesiastico. Nell’Italia post-unitaria della Sinistra storica, la memoria di Bruno, marchiato dallo stigma dell’eresia, si andò tangibilmente trasformando in un vessillo per gli antipapisti e gli apologeti del libero pensiero contro fenomeni di dogmatismo coercitivo.
La cronistoria della scultura shelleyana seguì una parabola simile, con un primo bozzetto risalente al 1892 (nel centenario della nascita) e una dilazione che si protrasse per un biennio, fino al 30 settembre 1894, data dell’effettivo svelamento del busto. Allo Shelley ipostasi di una degenerazione ateista si sovrappose così il topos carducciano inneggiante allo “spirito di titano, / entro virginee forme” e al “poeta del liberato mondo” (nell’ode “Presso l’urna di Percy Bysshe Shelley”, 1877, vv. 42-43, 50). Al coro di voci letterarie si unì Gabriele D’Annunzio, la cui “Commemorazione di Percy Bysshe Shelley” (1892) elevava l’artista al rango di semidio, tanto da paragonarlo iperbolicamente a Gesù: oltre a donarsi all’umanità con “eroico amore”, Shelley avrebbe proiettato questo afflato panico nel Cosmo, assurgendo a “poeta della universale bontà, della universale pietà, del perdono e della pace”. Nei circuiti più strettamente politici, l’autore del Prometeo liberato veniva salutato come profeta delle istanze repubblicane e del riscatto degli oppressi, portavoce di un fermento innovatore illuminato e un anticonformismo avvenirista gravitante intorno ai valori universali di giustizia, pietà e fratellanza. Anche da questo punto di vista, Viareggio fu palcoscenico di sinergie in virtù delle quali humus popolare e alti strati della cultura, dimensione locale, nazionale e internazionale entrarono in un singolare connubio. Connubio del quale, come già lasciava intuire Lorenzo Viani nel suo “Memorie minime su Shelley: All’insegna di Prometeo” (1930), la taverna Prometeo (poi taverna Shelley) all’imbocco di via di Mezzo si sarebbe fatta vivida sineddoche: crocevia di “santi e manigoldi”, essa si trasformò in luogo di commemorazione del poeta inglese e in un laboratorio di idee ai cui galvanizzati frequentatori capitava di ricevere lettere di Giovanni Bovio, Giovanni Rosadi e Felice Cavallotti.
Ricostruendo sinteticamente le dinamiche che condussero alla realizzazione del monumento, l’ampio respiro dell’iniziativa trovò conferma nel fatto che il Comitato promotore, presieduto da Riccioni, venne affiancato da un Comitato esecutivo e un Comitato onorario composto da letterati e politici italiani e inglesi, tra i quali Edmondo De Amicis, Ruggiero Bonghi, Michele Coppino, Enrico Ferri, Domenico Menotti Garibaldi e i già citati Bovio e Cavallotti (in funzione di presidente), nonché William Gladstone ed Algernon Charles Swinburne. L’opera fu commissionata allo scultore Urbano Lucchesi (1844-1906), il cui bozzetto finale contemplava un busto in bronzo nel quale ben si coglieva l’energia romantico-visionaria del poeta, ritratto con un’espressione fiera, le chiome fluenti, la fronte ampia e lo sguardo intenso rivolto verso il mare. Il busto fu posizionato su un parallelepipedo di marmo con doppia base quadrata, sulla cui parte frontale venne incisa un’epigrafe composta da Bovio e, più in basso, una fantasia di rami di alloro e quercia che incorniciano il volume del Prometeo liberato. La cerimonia di inaugurazione, svoltasi domenica 30 settembre 1894, fu presenziata, oltre che dal sindaco Ferdinando Nelli e dal colonnello Leigh Hunt, da rappresentanti di associazioni cittadine e della loggia massonica, da numerosi cronisti e una cerchia di simpatizzanti anarchico-radicali, infervorati dalle note solenni e appassionate del discorso che Riccioni tenne per l’occasione. Prevedibilmente, ai toni entusiastici si accompagnarono polemiche e contestazioni. Potente cassa di risonanza furono in quest’ambito gli organi di stampa, non solo locale, che gettarono le basi di un prezioso archivio storico la cui principale chiave d’accesso resta ad oggi la collezione di quaderni curata dalla moglie di Riccioni: Salomea Kruceniski (Solomija Krušel'nyc'ka), famosa e avvenente cantante lirica di origini ucraine che si esibì anche in varie opere pucciniane, di cui si ricorda in particolare il trionfo della Madama Butterfly al Teatro Grande di Brescia nel 1904. Questi quaderni, fitti di date e ritagli di articoli di giornale, sono custoditi nell’Archivio del Centro Documentario Storico di Viareggio e sono stati recentemente riportati alla luce in uno studio di Luca Guidi (Il monumento di Viareggio a Percy Bysshe Shelley. La storia dall'archivio Kruceniski-Riccioni toccando Puccini, Viani, la Butterfly e documenti inediti, 2017).
A questo fondamentale capitolo d’esordio della storia del monumento viareggino a Shelley – il primo in assoluto in territorio italiano – è seguita una serie di capitoli-corollario, legati da un lato a manifestazioni politico-aggregative o centenari della morte (1903, 1922, 2006, 2022), e dall’altro a una circostanza che evoca di nuovo Giordano Bruno, segnatamente la prima statua eretta in suo onore a Roma: non nel 1889, ma nel 1849, durante la Repubblica Romana e ben presto abbattuta con la restaurazione del potere di Pio IX. Nel caso del busto shelleyano, il periodo di obliterazione si incardina negli anni Quaranta del Novecento, all’epoca dell’occupazione nazista. Si narra che, ormai in fase di ritirata, le truppe tedesche fossero intenzionate a fondere il bronzo del monumento per ricavarci degli armamenti, evenienza scongiurata grazie al gesto coraggioso di Veturio Paolini, un capocantiere del Comune, che lo smontò dal piedistallo occultandolo in una cantina. Nel 1946, un paio d’anni dopo la liberazione della città, il Comitato di Liberazione Nazionale e il sindaco Corrado Ciompi fecero in modo di ricollocare il busto al centro di Piazza Shelley. In questa medesima piazza, nel 2013, è stata inaugurata una lapide in metallo dedicata a Paolini, mentre al 2017 risale un’operazione conclusiva di restauro con il ripristino della cimasa di marmo del busto stesso. Con il trascorrere dei decenni, la mitografia shelleyana radicata nel contesto viareggino/versiliese ha continuato a calamitare l’interesse su vari fronti, dall’arena delle rivendicazioni politiche alla memoria storica e al settore del turismo culturale, in una peculiare congiunzione osmotica tra l’eroismo utopico-profetico del “Prometeo liberato” e il fiero spirito del popolo apuo-tirrenico.
Testi documentari
[Foto di Laura Giovannelli, 2025]
• Epigrafe di Giovanni Bovio incisa sulla sezione frontale del piedistallo marmoreo del monumento:
MDCCCXCIV
A P. B. SHELLEY
CUOR DE’ CUORI
NEL MDCCCXXII
ANNEGATO IN QUESTO MARE
ARSO IN QUESTO LIDO
LUNGO IL QUALE
MEDITAVA AL PROMETEOLIBERATO
UNA PAGINA POSTREMA
IN CUI OGNI GENERAZIONE
AVREBBE SEGNATO
LA LOTTA LE LACRIME LA REDENZIONE
SUA.
• Estratto del discorso inaugurale tenuto da Cesare Riccioni, 30 settembre 1894 (cit. in Stefano Bucciarelli, “Shelley sulla spiaggia di Viareggio: mito, monumento, politica e memoria”, p. 61):
“Il monumento […] è anche, soprattutto, un omaggio al combattente gentile per il bene e per la luce, come dice Gabriele D’Annunzio, contro tutti gli implacabili nemici della specie umana, un omaggio al riformatore preveggente, buono e geniale, che affermò coraggiosamente esservi delle verità, sacrosante verità, al di sopra delle confessioni officiali e degli officiali propositi… Rifulge e brilla nei pensieri di Shelley quella santa visione che dal filosofo greco avvelenato al biondo povero martire di Nazareth, da Galileo a Garibaldi, ha avuto combattenti e apostoli”
Illustrazioni
[Foto di Laura Giovannelli, 2025]
Fig. 1 - Piazza Shelley, Viareggio
Fig. 2 – Il busto di Percy Bysshe Shelley nell’omonima piazza, Viareggio
Fig. 3 - Particolare del bassorilievo
Fig. 4 - Lapide in metallo dedicata a Veturio Paolini, Piazza Shelley, Viareggio
Fig. 5 - Prospettiva laterale del monumento
Bibliografia
Biblioteca Franco Serantini – Istituto di storia sociale, della Resistenza e dell’età contemporanea della provincia di Pisa, “Percy Bysshe Shelley”, https://www.bfscollezionidigitali.org/oggetti/18114-percy-bysshe-shelley (data ultima consultazione 02/05/2025; l’archivio contiene foto d’epoca e dei nostri giorni relative alla piazza e al monumento).
Bucciarelli, Stefano, “Shelley sulla spiaggia di Viareggio: mito, monumento, politica e memoria”, in Simona Beccone, Paolo Bugliani, Angelo Chiantelli, Riccardo Roni (a cura di), Percy Bysshe Shelley in contesto. Tra filosofia, storia e letteratura, Pisa, ETS, 2023, pp. 51-79.
Carducci, Giosuè, “Presso l’urna di Percy Bysshe Shelley”, in Delle Odi barbare. Libri II ordinati e corretti, Libro II, Bologna, Zanichelli, 1893.
D’Annunzio, Gabriele, “Commemorazione di Percy Bysshe Shelley (4 agosto 1792-1892)”, Il Mattino, 4-5 agosto 1892.
Flego, Fabio, “‘Straccato’ sulla spiaggia: Percy Bysshe Shelley a Viareggio”, Anglistica Pisana, 12 (1-2), 2015, pp. 25-33.
Fornaciari, Paolo (a cura di), Percy Bysshe Shelley. Viareggio 1922, “luogo del Mito” – Il centenario del rogo di Shelley, Viareggio, Pezzini, 2001.
Fornaciari, Patrizia, “La vicenda del monumento a Shelley nella Versilia di fine ’800. Il mito romantico del poeta inglese, i nuovi valori dell’Italia postunitaria”, Quaderni di storia e cultura viareggina, 2, 2001, pp. 35-48.
Guidi, Luca, Il monumento di Viareggio a Percy Bysshe Shelley. La storia dall'archivio Kruceniski-Riccioni toccando Puccini, Viani, la Butterfly e documenti inediti, Viareggio, Cinquemarzo, 2017.
“Il monumento di Viareggio ad un poeta satanico”, L’Unità cattolica, 26 agosto 1894.
Lippi, Adolfo, Monumento a Shelley, Viareggio, Edizioni Luci del Porto, 2002.
Migliorini, Anna Vittoria Bertuccelli, “Le ceneri di Shelley”, in Simona Beccone, Paolo Bugliani, Angelo Chiantelli, Riccardo Roni (a cura di), Percy Bysshe Shelley in contesto. Tra filosofia, storia e letteratura, Pisa, ETS, 2023, pp. 35-49.
Riccioni, Cesare, P.B. Shelley, Viareggio, Cinquemarzo, 2013.
Sereni, Umberto, Fra il Tirreno e le Apuane. Arte e cultura tra Otto e Novecento, Firenze, Artificio, 1990.
Testi, Manrico, Shelley a Viareggio a 200 anni dalla sua morte, Prefazione di Giorgio Del Ghingaro, Viareggio, Pezzini, 2022.
Viani, Lorenzo, “Memorie minime su Shelley: All’insegna di Prometeo”, Corriere della Sera, 12 agosto 1930.
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Scheda a cura di
Laura Giovannelli
Dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica
Università di Pisa
(Maggio 2025)
Ultimo aggiornamento
17.08.2025