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Montenero (Livorno), Villa Dupouy

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Presentazione

George Gordon, Lord Byron, giunse a Villa Dupouy – altrimenti conosciuta come Villa delle Rose o Villa Jermy e chiamata dai locali Villa Rossa per il caratteristico colore della facciata  –  il 21 maggio del 1822. Era stato Henry Dunne, influente mercante inglese a Livorno, a consigliare al poeta quella dimora, descrivendola come “decisamente la casa migliore di Monte Nero”. Byron l’aveva quindi presa in affitto con una scrittura privata del 9 aprile dal negoziante e banchiere livornese Francesco Dupouy.  

La decisione di trasferirvisi era seguita a un episodio di cronaca che, nel mese di marzo, aveva coinvolto il poeta e il suo “circolo pisano”: Percy Bysshe Shelley, Edward Trelawny, Pietro Gamba, il capitano John Hay e John Taaffe. Di ritorno dalla campagna, il gruppo degli inglesi aveva avuto un violento alterco con Stefano Masi, sergente maggiore dei Reali Cacciatori Toscani, sullo stradone di Porta alle Piagge. Lo scontro era poi proseguito sul Lungarno, nei pressi di Palazzo Lanfranchi, residenza pisana di Byron, e aveva coinvolto la servitù del poeta e dei Gamba. Masi ne era uscito gravemente ferito e per diverso tempo si era temuto per la sua vita. A seguito dell’accaduto, i Gamba, carbonari ravennati amici del poeta ed espatriati in Toscana, erano stati invitati a lasciare la città e si erano trasferiti a Livorno, dove Byron ben presto li raggiunse, ricongiungendosi alla sua amante, Teresa Guiccioli, figlia del Conte Ruggero Gamba Ghiselli e sorella di Pietro. 

L’inizio del soggiorno livornese fu rattristato da una mesta incombenza per il poeta, quella dei preparativi per il rimpatrio della salma di Allegra, la figlia illegittima avuta da Claire Clermont, sorellastra di Mary Shelley. La piccola era morta di febbre tifoide nel convento di Bagnacavallo il 20 aprile 1822 e il poeta era rimasto molto colpito dalla perdita, nonostante l’atteggiamento ambiguo e a tratti indifferente da lui sempre mostrato nei confronti della bambina. Qualche giorno dopo il suo arrivo a Villa Dupouy, scrisse a  John Murray, affidandogli il compito di organizzare le esequie in Inghilterra (Lord Byron a John Murray, 26 maggio 1822). Byron voleva che la piccola fosse sepolta nella chiesa di Harrow, che  frequentava da bambino, e che sulla sua tomba comparisse un’iscrizione in cui la si identificava come figlia del poeta. Ma una figlia illegittima non poteva ambire a tanto onore e Murray riuscì a ottenere soltanto il permesso per una sepoltura anonima all’interno della chiesa.

Del resto, Byron era allora già molto famoso e qualsiasi notizia al suo riguardo sollevava sempre grande interesse, in patria come all’estero. Per avere un’idea della fama del poeta, allora trentaquattrenne, basterà citare l’invito che ricevette, alla notizia del suo trasferimento a Livorno, dal capitano della flotta americana che si trovava nel porto della città labronica. Byron fu ricevuto a bordo della Constitution con gli onori solitamente attribuiti a un sovrano. In alcune lettere scritte nei giorni successivi da Montenero, il poeta racconta un episodio in particolare, quello della moglie di un ufficiale della Marina americana, Catherine Potter Stith, che gli aveva chiesto di donarle la rosa che indossava all’occhiello. Nelle missive, Byron non nasconde l’orgoglio per la celebrità raggiunta oltreoceano (Lord Byron a  Douglas Kinnaird, 26 maggio 1822)  e, nel sottolineare che le sue opere sono molto richieste anche in Germania, considera questo successo internazionale alla stregua di un risarcimento compensatorio a fronte della “cattiveria degli inglesi”, da sempre suoi grandi detrattori.

Quando l’amico Trelawny arrivò in visita a Montenero, fu colpito negativamente da Villa Dupouy, che descrisse come  “dieci volte più calda” di Palazzo Lanfranchi a Pisa (Recollections, 1858). La residenza, che pure era dotata di una serie di cisterne e pozzi, rimase a secco a causa del gran caldo e della siccità, tanto che Byron intentò una causa contro il proprietario  della villa,  patrocinata dal famoso avvocato Federigo Del Rosso presso il Tribunale di Livorno. 

Nonostante questi inconvenienti, il poeta amò molto la residenza di Montenero, in particolare la meravigliosa vista sul mar Mediterraneo (Lord Byron a Isaac D’Israeli, 10 giugno 1822).

Come ricorda la biografa Fiona MacCarthy, i giorni a Montenero trascorrevano tranquilli: il poeta si alzava molto tardi, faceva lunghe nuotate, passava le serate con Teresa sulla terrazza e le notti a scrivere.  Tra la tarda primavera e l’estate del 1822 si dedicò, infatti, alla composizione di nuovi canti del Don Juan, il poema epico-satirico in ottava rima la cui pubblicazione aveva fino ad allora suscitato violente critiche, soprattutto in Inghilterra.  La stessa Teresa aveva insistito affinché Byron interrompesse la composizione di un’opera da lei ritenuta fortemente immorale; solo successivamente aveva accondisceso a che l’amico ne continuasse la stesura, a patto che mutasse i toni e gli atteggiamenti del protagonista. Il ricordo della piccola Allegra riaffiora nel Canto X scritto in questo periodo, laddove si tratteggia il ritratto di Leila, la dolce orfana turca con cui Juan forma “una coppia alquanto curiosa” (Don Juan, Canto X, stanze LIII e LVII).   

Durante il soggiorno a Villa delle Rose Byron posò per William Edward West, che lo immortalò in un dipinto oggi conservato alle Gallerie Nazionali di Scozia (Ritratto di Lord Byron, 1822). Il pittore americano si lamentò ripetutamente del poeta, soggetto difficile da ritrarre per il suo continuo oscillare tra irrequietezza e imbarazzo, tra loquacità e silenzio. Il risultato finale non fu affatto soddisfacente: Teresa Guiccioli definì l’opera una “caricatura grottesca”. 

Byron lasciò Montenero agli inizi di luglio del 1822, dopo aver scritto una lettera in inglese al governatore di Livorno (Lord Byron al Governatore di Livorno, 2 luglio 1822), nella quale si lamentava del provvedimento di espulsione emesso a carico dei Gamba a seguito dell’ennesima rissa che aveva coinvolto le loro servitù. A Pisa il poeta ricevette di lì a poco la notizia del naufragio dell’amico Shelley. 

Luigi Pera ricorda che Byron tornò a Livorno solo un anno più tardi, il 21 luglio del 1823, quando fece tappa per quattro giorni nella città labronica “per far provvigioni di polveri, mercanzie, e ricevere a bordo del vascello l’Ercole altri compagni di viaggio”: il poeta si preparava alla partenza per la Grecia, dove morì il 19 aprile del 1824.

 

Testimonianze:

  • Lettera di Lord Byron a Douglas Kinnaird, 26 maggio 1822 (in Byron’s Letters and Journals, IX, pp. 162-3) 

Sono stato invitato dagli americani a bordo della loro flotta qui—mi hanno ricevuto con estrema gentilezza e perfino troppa cerimonia. Mi hanno chiesto di posare per un ritratto per un artista americano che si trova ora a Firenze. Mentre stavo per congedarmi, una signora americana mi ha preso la rosa che indossavo, dicendo che desiderava inviare in America qualcosa di mio. Mi hanno mostrato un’edizione americana delle mie poesie, ecc. ecc. e ogni genere di attenzione e disponibilità. Sento anche dire che, come autore, sono molto richiesto in Germania. Tutto questo è una sorta di compensazione per la cattiveria degli inglesi.  

 

  • Lettera di Lord Byron a John Murray, 26 maggio 1822 (in Byron’s Letters and Journals, IX, pp. 163-4) 

Carissimo, il corpo è stato imbarcato, su quale nave non so, né ho potuto entrare nei dettagli; ma la Contessa G[amba] G[uiccioli] ha avuto la gentilezza di impartire gli ordini necessari al Signor Dunn, che sovrintende all'imbarco, e Le scriverà. Desidero che sia sepolta nella chiesa di Harrow; c'è un punto nel cimitero vicino al sentiero sul ciglio della collina che guarda verso Windsor, e una tomba sotto un grande albero (con il nome di Peachee o Peachey) dove ero solito sedermi per ore e ore da ragazzo; era il mio posto preferito, ma poiché desidero erigere una lapide alla sua memoria, sarebbe meglio che il corpo fosse deposto nella chiesa. Vicino alla porta, sulla sinistra entrando, c'è un monumento con una lapide [...] vorrei che Allegra fosse sepolta il più vicino possibile a quel monumento, e sul muro una lapide di marmo con queste parole:

                                                                               In memoria di

                                                                                     Allegra,

                                                                        figlia di G.G. Lord Byron,

                                                                         morta a Bagnacavallo

                                                                       in Italia il 20 aprile 1822,

                                                                  all'età di cinque anni e tre mesi.

                                                        "Io andrò da lei, ma lei non tornerà da me."

                                                                                                       2 Samuele 12, 23.

 

Vorrei che il funerale fosse il più riservato possibile, mantenendo la dovuta dignità, e spero che Henry Drury possa leggere il servizio funebre. Se dovesse rifiutarsi, potrà essere celebrato dal ministro in carica. Non credo di dover aggiungere altro per ora. 

 

  • Edward John Trelawny, Recollections of the Last Days of Shelley and Byron, London: Moxon, 1858, p. 105.

Espressi a Byron il mio cordoglio per il cambiamento, in quanto la sua nuova villa,  dalla costruzione precaria, era dieci volte più calda rispetto al vecchio e solido palazzo che aveva lasciato [Palazzo Lanfranchi a Pisa], con le sue fresche sale marmoree e i maestosi solai a volta che sfidavano il sole. 

 

 

  • Lettera di Lord Byron a Isaac D’Israeli, 10 giugno 1822 (in Byron’s Letters and Journals, IX, pp. 178) 

Vi scrivo da Villa Dupuy, vicino a Livorno. Dal balcone vedo l’isola d’Elba e la Corsica, e il mio vecchio amico Mediterraneo che rotola blu ai miei piedi.  Finché conserverò il mio sentimento e la mia passione per la Natura, sarò in grado di mitigare o controllare in parte le mie altre passioni e di sopportare o resistere a quelle altrui.

 

  • Lettera di Lord Byron al Governatore di Livorno, 2 luglio 1822 (in Byron’s Letters and Journals, IX, pp. 178-79) 

Signore—Vi scrivo in inglese perché so che ci fate l’onore di comprendere la nostra lingua. È stato da Voi emesso un ordine d’arresto e di esilio per il mio corriere e una richiesta formale alla famiglia del Conte Gamba di lasciare la Toscana entro tre giorni. Mi sto preparando a partire con loro poiché non desidero rimanere oltre in un paese dove i miei amici sono perseguitati e dove l'asilo è negato agli sfortunati. Poiché ho alcune questioni da sistemare, Vi prego di concedere una proroga affinché io possa partire con loro.

 

Immagini

Villa Dupouy, Facciata, Montenero Livorno 2022. Marcxosm, Creative Commons Attribution 4.0

 

Byron_WESTjpg

William Edward West, George Gordon, 6th Lord Byron, 1788 - 1824. Poet - PG 1561 - National Galleries of Scotland, Public Domain.

 

Testi

 

Lord Byron, Don Juan, Canto X, London, John Hunt, 1823. 

LIII.

    Don Juan loved her, and she loved him, as
      Nor brother, father, sister, daughter love.--I
    cannot tell exactly what it was;
      He was not yet quite old enough to prove
    Parental feelings, and the other class,
      Called brotherly affection, could not move
    His bosom,¾for he never had a sister:
    Ah! if he had--how much he would have missed her!

LVII.

    In fact, the only Christian she could bear
      Was Juan; whom she seemed to have selected
    In place of what her home and friends once were.
      He naturally loved what he protected:
    And thus they formed a rather curious pair,
      A guardian green in years, a ward connected
    In neither clime, time, blood, with her defender;
    And yet this want of ties made theirs more tender.

 

Bibliografia

 

Byron, Lord, Byron’s Letters and Journals, ed. L.A. Marchand, 11 vols., London, John Murray, 1973-94, vol. IX In the Wind’s Eye.

 

Canuto, Francesca, Paesaggi, parchi e giardini nella storia di Livorno, Livorno, Debatte, 2015.

 

Ciorli, Riccardo, Le ville di Montenero, Livorno, Il Gabbiano, 1986. 

 

MacCarthy, Fiona, Byron: Life and Legend, London, John Murray, 2002.

 

Medwin, Thomas, Conversations of Lord Byron, London, Henry Colburn, 1824.

 

Niccolini, Giuseppe, Vita di Lord Byron, Milano, Truffi, 1835.

 

Pera, Francesco, Ricordi e biografie livornesi, Livorno, Francesco Vigo, 1867. 

 

Quennell, Peter, Byron in Italy (1941), London, Collins, 1951.

 

Rawes, Alan and Diego Saglia (eds), Byron and Italy, Manchester, Manchester University Press, 2017.

 

Stürzl, Erwin A., A Love’s Eye View. Teresa Guiccioli’s La vie de Lord Byron en Italie, Salzburg, Institut für Anglistik und Amerikanistik Universität Salzburg, 1988. 

 

Trelawney, Edward John, Recollections of the Last Days of Shelley and Byron,  London, Edward Moxon, 1858. 

 

Tribolati, Pietro, “Lord Byron a Pisa”, in Id., Saggi critici e biografici, Pisa, Spoerri, 1891,  pp. 149-207.

 

Vigo, Pietro, Montenero in 80 incisioni, Livorno, Fabbreschi, 1902.

 

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Scheda a cura di

Roberta Ferrari

Dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica

Università di Pisa

Ultimo aggiornamento

03.04.2025

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